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San Lazzaro - Le “masche” nel medioevo astigiano: fattucchiere e fate Masca è un termine piemontese molto diffuso nell’Astigiano derivato dal longobardo “maska”, che indicava l’anima di un morto, era prevalentemente utilizzato per indicare streghe e fattucchiere. Con questa valenza è già utilizzato nell’editto di Rotari nell’anno 643 e nel XII secolo da Gervasio da Tilbury. Nella tradizione medioevale piemontese le Masche erano donne apparentemente normali, ma dotate di facoltà sovrannaturali tramandate da madre in figlia. Avevano il potere della trasformazione in animali considerati negativi come gatti (perseguitati insieme alle padrone), capre, pecore e bisce. Venivano incolpate di eventi naturali infausti come le grandinate (masche tempestarie) e disgrazie, quali sparizioni di bambini e malattie. Numerose le leggende sui metodi dell’ammascamento degli uomini, sedotti dalle grazie di queste donne che potevano cambiare aspetto. Nella nostra tradizione frequentavano la chiesa e ricevevano i sacramenti come tutte le altre donne della comunità, ma poi durante la notte compivano magie e sortilegi grazie a formule e incantesimi contenuti nel Libro del Comando. Di indole raramente malvagia, ma sempre capricciosa, dispettosa e vendicativa, le Masche potevano anche operare il bene come guaritrici e protettrici. Queste “Masche buone” nell’iconografia tradizionale appaiono molto simili alle fate: di sovraumana bellezza, vestono lunghi abiti variopinti e venivano identificate con gli animali tradizionalmente docili (colombe, farfalle, cervi). Erano invocate per la protezione e la guarigione di bambini, uomini ed animali. Amate o temute da nobili e popolani, venivano contrastate con pozioni alla malva, tenute a distanza dai filati delle vergini e da amuleti religiosi e profani come croci, sacchetti di sale e ferri di cavallo arroventati oppure propiziate con rami fioriti. Mentre questo aspetto solare delle Masche, pur tramandato dalla tradizione, non è attestato nelle fonti astigiane, il timore per il lato oscuro del sovrannaturale è documentato dagli Statuti: il Codice Catenato al Cap. capitolo CVII (“Exterminandam de civitatis Astensis posse et districtu diabolicam affatturariorum et affatturariarum operationem et doctrinam”) condanna fattucchiere, streghe e maghi, che, scoperti, erano puniti con la tortura e il rogo. Il Borgo San Lazzaro intende rievocare queste figure che rappresentavano il lato magico e fiabesco della donna medioevale e i numerosi rimedi che la popolazione utilizzava per esorcizzarle o evocarle. Download

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Corteo Storico_074.JPG - San Lazzaro - Le “masche” nel medioevo astigiano: fattucchiere e fateMasca è un termine piemontese molto diffuso nell’Astigiano derivato dal longobardo “maska”, che indicava l’anima di un morto, era prevalentemente utilizzato per indicare streghe e fattucchiere. Con questa valenza è già utilizzato nell’editto di Rotari nell’anno 643 e nel XII secolo da Gervasio da Tilbury.Nella tradizione medioevale piemontese le Masche erano donne apparentemente normali, ma dotate di facoltà sovrannaturali tramandate da madre in figlia. Avevano il potere della trasformazione in animali considerati negativi come gatti (perseguitati insieme alle padrone), capre, pecore e bisce. Venivano incolpate di eventi naturali infausti come le grandinate (masche tempestarie) e disgrazie, quali sparizioni di bambini e malattie. Numerose le leggende sui metodi dell’ammascamento degli uomini, sedotti dalle grazie di queste donne che potevano cambiare aspetto. Nella nostra tradizione frequentavano la chiesa e ricevevano i sacramenti come tutte le altre donne della comunità, ma poi durante la notte compivano magie e sortilegi grazie a formule e incantesimi contenuti nel Libro del Comando.Di indole raramente malvagia, ma sempre capricciosa, dispettosa e vendicativa, le Masche potevano anche operare il bene come guaritrici e protettrici.Queste “Masche buone” nell’iconografia tradizionale appaiono molto simili alle fate: di sovraumana bellezza, vestono lunghi abiti variopinti e venivano identificate con gli animali tradizionalmente docili (colombe, farfalle, cervi). Erano invocate per la protezione e la guarigione di bambini, uomini ed animali. Amate o temute da nobili e popolani, venivano contrastate con pozioni alla malva, tenute a distanza dai filati delle vergini e da amuleti religiosi e profani come croci, sacchetti di sale e ferri di cavallo arroventati oppure propiziate con rami fioriti.Mentre questo aspetto solare delle Masche, pur tramandato dalla tradizione, non è attestato nelle fonti  astigiane, il timore per il lato oscuro del sovrannaturale è documentato dagli Statuti: il Codice Catenato al Cap. capitolo CVII (“Exterminandam de civitatis Astensis posse et districtu diabolicam affatturariorum et affatturariarum operationem et doctrinam”) condanna fattucchiere, streghe e maghi, che, scoperti, erano puniti con la tortura e il rogo.Il Borgo San Lazzaro intende rievocare queste figure che rappresentavano il lato magico e fiabesco della donna medioevale e i numerosi rimedi che la popolazione utilizzava per esorcizzarle o evocarle.


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